Il bambino disabile in acqua: acquaticita’, socialita’, terapia
In questa relazione si racconta la storia di Luchia, una bimba di 12 anni proveniente da uno sperduto paese dell’Eritrea. Nata in condizioni di povertà dopo un travaglio lungo e privo di assistenza sanitaria, nessuno si preoccupa del rallentamento psicofisico della bimba.
Nel 2008 la bimba viene portata in Italia e viene presa in carico dal policlinico dove inizia un percorso riabilitativo in acqua con sedute bisettimanali.
All’ingresso la bimba si presenta con grosse difficoltà nel controllo del tronco e di conseguenza nel mantenimento della stazione eretta; la deambulazione è permessa solo con appoggio; grosse difficoltà di comprensione e di comunicazione; grandissima difficoltà nel programmare e coordinare qualsiasi gesto.
Obiettivi prefissati
Gli obiettivi posti con Luchia all’inizio del percorso riabilitativo erano:
- adattamento a nuovi schemi: già il fatto di entrare in acqua richiede una serie di adattamenti del corpo (perché il nostro corpo risponde ad una situazione insolita con una determinata strategia), questo porta a mettere in atto dei circuiti di equilibrio motori e muscolari che costituiscono, da soli, un esercizio;
- spinta ad agire (movimentoazione);
- aumento delle sensazioni esterocettive (una migliore percezione del proprio corpo).
- schema mentale con cui apprendere nuovi parametri.
Obiettivi raggiunti
Fin dalla prima volta la bambina ha manifestato un entusiasmo bellissimo per l’ambiente “acquatico”. A distanza di soli quattro mesi i risultati ottenuti dal punto di vista riabilitativo sono davvero soddisfacenti:
- Migliorata la comprensione e di conseguenza la comunicazione (adesso Luchia riesce anche a tossire, prima non riusciva).
- Riesce a mantenere la stazione eretta (anche se solo per pochi minuti) senza appoggio.
- Riesce a fare le scale con appoggio.
- Deambula con il girello, in casa la deambulazione è autonoma.
L’acqua rallentando il movimento facilita l’apprendimento. Il galleggiamento produce una sensazione di leggerezza che gli permette di sperimentare posture e motricità differenti rispetto a quelle che abitualmente utilizza a terra.
Conclusione
Si può quindi affermare con assoluta certezza che se un bambino disabile fuori dall’acqua si trova spesso in situazioni di handicap, in acqua può essere libero, perché non c’è la forza di gravità che rende difficoltosi i movimenti. L’ambiente acquatico non ha barriere. Luchia in acqua ha la possibilità di sperimentare la tridimensionalità. Ha la possibilità di sperimentare le proprie reazioni di equilibrio, può spostarsi nell’acqua, controllare la respirazione.