Spalla congelata: Idrokinesiterapia con Metodo A.S.P.
La Sig.ra V. cade accidentalmente e si procura una frattura pluri-frammentaria della testa omerale sinistra.
La signora inizia il trattamento in acqua due volte a settimana e tre volte a secco. Arriva in piscina con la spalla sinistra quasi completamente bloccata, intraruotata, addotta, assenti i movimenti pendolari durante il cammino.
La flessione della spalla è limitata a meno di 90 gradi , come l’abduzione , fortemente compensata con la trazione del trapezio superiore. Il braccio risulta edematoso, e la spalla ancora dolente. La paziente, dopo circa 10 mesi dalla frattura non dorme sul fianco sinistro.
Obiettivi della riabilitazione in acqua
Gli obiettivi del trattamento sono , almeno inizialmente, limitare il dolore, ridurre l’edema, aumentare l’articolarità, compatibilmente al quadro clinico, e migliorare la propriocezione , completamente alterata, dell’articolazione scapoloomerale.
Trattamento ed esercizi in acqua
Inizio il trattamento chiedendo alla sig.ra di camminare in acqua all’altezza del petto con le braccia lungo i fianchi cercando di recuperare il movimento pendolare dell’arto sinistro e di curare la respirazione lenta e profonda.
La sig. non sa nuotare e l’ambiente acqua le produce ansia. In acqua alta, al livello delle spalle, chiedo alla sig. di lasciar galleggiare le braccia mantenendo due ausili per mano producendo così un’ apertura passiva sia in abduzione che in flessione di spalla.
Pian piano possiamo progredire nel trattamento, e assumere l’assetto supino, ausilio di protezione attorno al collo e alle ginocchia.
La paziente trae grande giovamento, e con gli affondamenti, ha ridotto notevolmente il gonfiore dei primi giorni, sente il braccio più leggero e riesce a riposare meglio.
Il trattamento continua con mobilizzazioni passive e assistite, in assetto verticale, gomiti in 2 ciambelline e ginocchia piegate al petto.
L’ambiente acqua è di fondamentale importanza per lavorare in una logica di globalità del corpo, la paziente è costretta a mantenere la depressione delle due scapole simmetrica, a lavorare con gli estensori del tronco per emergere dall’acqua insieme alla rimessa in carico parziale della spalla, controllare che il busto non ruoti mentre le ginocchia si piegano verso il petto, recuperare l’equilibrio,continuamente perturbato dall’acqua, e non ultimo controllare la respirazione e quindi i volumi polmonari.
Tutto ciò produce una irradiazione muscolare ed un controllo propriocettivo estremamente utili al recupero muscolare e sensoriale profondo.
In acqua possiamo lavorare sulla ristrutturazione di uno schema corporeo ormai alterato da mesi di quasi immobilità e dolore attraverso un neo apprendimento facilitato dalla lentezza dei movimenti e dalla qualità contenitiva dell’ambiente stesso.
Risultati ottenuti
Il lavoro più importante e difficoltoso durante il trattamento è stato il recupero del corretto movimento scapolare, la paziente non era più in grado di riconoscere la posizione della scapola ed ogni movimento del braccio veniva preceduto dalla trazione del trapezio superiore.
Purtroppo, a causa della gravità della frattura e degli esiti del consolidamento, la testa dell’omero e la scapola hanno perduto i loro corretti rapporti articolari, un anno di immobilità poi ha aggravato il quadro causando un blocco quasi totale dell’articolazione.
Dopo il trattamento, durato 15 sedute in acqua e altrettante fuori dal l’acqua, la paziente ha meno dolore, sente il braccio meno pesante, ha ridotto l’edema e ha recuperato in parte i movimenti pendolari e la gestualità naturale (nei limiti del possibile) di un arto sano, cioè si appoggia al bordo piscina quando cammina, saluta alzando il braccio e muovendo la mano quando arriva, si toglie la cuffietta con la mano sinistra dopo il trattamento.
Per quel che riguarda l’articolarità, la paziente migliora soprattutto nella flessione anteriore, arrivando almeno a 110°, l’abduzione rimane limitata, l’intra-rotazione invece migliora in modo soddisfacente, la mano arriva senza aiuto dietro la schiena.
Conclusioni
Dopo circa due mesi di terapia in acqua i risultati sono soddisfacenti, la paziente si sente meglio, riesce a muovere il braccio con più naturalezza e a mantenere la posizione prona con ausili, posizione improponibile all’inizio della terapia.
Il lavoro svolto è stato di grande impegno per la paziente e i risultati che abbiamo ottenuto hanno dimostrato quanto sia utile il lavoro in acqua anche in casi che hanno una storia clinica “datata” e anche in quei pazienti che non hanno una naturale predisposizione per l’acqua.
L’unico rammarico è quello dell’intervento intempestivo, la riabilitazione in acqua come ultimo tentativo, un anno fa il lavoro sarebbe stato più facile e meno doloroso per la paziente, il trattamento più incisivo i risultati più evidenti. La signora mi ha chiesto perché nessuno le ha consigliato prima la terapia in acqua… le ho sorriso e le ho detto: “non lo so”.